Il cordone ombelicale rappresenta una fonte di staminali subito disponibili, vantaggio fondamentale nei casi in cui il trapianto deve essere effettuato in tempi rapidissimi
E’ a tutti tristemente nota la storia del piccolo Alessandro Maria Montresor, il bambino di 18 mesi affetto da linfoistiocitosi emofagocitica (HLH). Si tratta di una malattia genetica rarissima, che consiste in un difetto delle cellule del sistema immunitario, incapace di gestire e respingere le infezioni, che colpisce solo lo 0.002% dei bambini e non lascia speranze di vita senza un trapianto di cellule staminali ematopoietiche, da effettuare in tempi rapidissimi.
Da settembre ad oggi il piccolo Alex è stato trattato con un farmaco sperimentale, ma si tratta di una soluzione temporanea in attesa del trapianto, che rappresenta l’unica via di salvezza percorribile.
Le cellule staminali emopoietiche si trovano all’interno del midollo osseo e nel sangue del cordone ombelicale, prelevato al momento della nascita. Il cordone ombelicale rappresenta una fonte di staminali subito disponibili, vantaggio fondamentale nei casi in cui il trapianto deve essere effettuato in tempi rapidissimi, come per il piccolo Alex.
Quando disponibili, le staminali cordonali autologhe possono essere utilizzate per trattare alcune malattie genetiche rare, mediante idonea procedura per terapia genica (cioè, le cellule staminali autologhe vengono modificate per correggere il difetto del gene e reimpiantare nel malato stesso), in alternativa si ricorre alle staminali cordonali (o eventualmente midollari) di un fratellino (la possibilità che due fratelli siano identici tra loro è del 25%, nel 39% dei casi una compatibilità parziale).
Purtroppo Alex non ha potuto usufruire di queste possibilità, pertanto ci si è dovuti affidare alla ricerca di un donatore compatibile che però non è stato individuato (il registro mondiale contiene 30 milioni di tipizzazioni, cioè di carte di identità genetiche, eppure è difficile pescare combinazioni genetiche idonee: al di fuori della famiglia la possibilità di trovare un donatore almeno parzialmente compatibile è dello 0,0025%).
Nei casi in cui vi è l’urgenza di essere sottoposti a trapianto in tempi rapidi, il tempo gioca un ruolo fondamentale. Pertanto, attualmente l’unica chance per il piccolo Alex è rappresentata dal trapianto emopoietico da genitore con rimozione dei linfociti alpha/beta, che verrà eseguito all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù a dicembre. Si tratta di una procedura basata sulla manipolazione delle cellule staminali emopoietiche prelevate dal genitore, per privarle selettivamente di tutti gli elementi che potrebbero aggredire l’organismo del bambino. Questa tecnica rende possibile il trapianto di cellule staminali emopoietiche anche da uno dei due genitori (compatibili con il proprio figlio al 50%). All’Ospedale pediatrico Bambino Gesù questa procedura è stata utilizzata su più di 200 pazienti: più di 50 erano affetti da immunodeficienza primitiva, 8 dei quali da linfoistiocitosi emofagocitica, la patologia del piccolo Alex. La percentuale di guarigione definitiva, a seguito di trapianto di staminali, nei bambini con immunodeficienza primitiva “è dell’85-90% circa”*.
Auguriamo il meglio, con affetto, al piccolo Alex ed ai suoi genitori.